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Rassegna Stampa > 2008
Allarme tarlo cinese per gli alberi romani:
gli aceri del parco di San Sebastiano fra le prime vittime
di Giulio Mancini
ROMA (20 ottobre) - Il terribile tarlo cinese, che ha fatto abbattere migliaia di alberi d’alto fusto nel milanese e ben 50 mila tronchi in Canada, sta attaccando anche le piante di Roma. Ed il servizio fitosanitario regionale ha lanciato l’allerta a tutti i comuni del Lazio, attivando corsi di formazione anche per le guardie forestali. Dopo il punteruolo rosso che sta mietendo centinaia di palme ad ogni stagione estiva, si chiama Anoplophora Chiniensis, coleottero cerambicida, il nuovo terrore delle alberature romane.
Ha già fatto le sue prime vittime negli aceri del Parco di San Sebastiano, a Caracalla, e si teme un assalto a tutti gli altri alberi d’alto fusto della città. «Ciò perchè sono ben cinquanta le piante sensibili all’azione di questo parassita e non c’è altra arma che il monitoraggio degli alberi: si nutre di radici e una volta contaminato, il fusto va abbattuto e incenerito» spiegano dal Servizio Fitosanitario presso l’assessorato all’Agricoltura della Regione Lazio. Nel protocollo fissato dagli esperti è obbligatorio che a fare quella fine, indispensabile per evitare il pericoloso crollo improvviso degli alberi, siano peraltro anche gli esemplari che si trovano ad un raggio di venti metri dalle piante infestate.
Gli insetti, innocui per l’uomo, sarebbero arrivati dall’Asia attraverso i bonsai d’importazione o, addirittura, attraverso i pallet degli imballaggi. Il tarlo è ampiamente diffuso in Cina, Corea, Giappone e Taiwan ed il primo esemplare è stato rinvenuto in Italia in provincia di Milano e successivamente anche nelle provincie di Varese e Brescia. La sua scoperta a Roma è stata accertata nel Parco di San Sebastiano nelle settimane scorse e da allora è scattato l’allarme rosso in tutta la regione. «Si tratta di insetti polifagi che si nutrono a spese di numerosi alberi da frutto e da legno, boschi di latifoglie e piante ornamentali» chiariscono dal Servizio Giardini del Comune di Roma che ha la sua sede operativa e le serre più importanti a due passi proprio da Caracalla. L’Unione Europea, stante la gravità dei possibili danni che possono provocare al patrimonio agro-forestale della Comunità e le difficoltà di lotta, ha dichiarate le piante sensibili organismi da quarantena con limitazioni nelle importazione dai paesi a rischio. Il Ministero per l’Agricoltura ha reso obbligatoria la lotta al tarlo cinese su tutto il territorio nazionale.
L’allarme lanciato dall’assessorato regionale all’Agricoltura sarà accompagnato da corsi di formazione specifici per i forestali. «E’ indispensabile riconoscere il più presto possibile le piante che ne sono colpite spiegano gli esperti anche attraverso un pieghevole diffuso in ventimila copie e scaricabile anche dal sito www.agricoltura.regione.lazio.it Purtroppo poiché l'infestazione non è rilevabile prima della fuoriuscita degli adulti, risulta difficile attuare mezzi di difesa diretti. L'insetto, inoltre, risulta particolarmente protetto all'interno delle gallerie. Il controllo è basato sull’abbattimento della pianta colpita e la distruzione dell’intero apparato radicale con apposite macchine trituratrici». «Gli alberi malati presentano alla base del tronco dei fori del diametro di due centimetri, tanto perfetti da sembrare essere fatti con il trapano» indicano dal Servizio Giardini comunale.
Gli esemplari morti al Parco San Sebastiano sono aceri adulti ma la preoccupazione degli uffici riguarda cinquanta diversi tipi di essenze, alcune delle quali molto diffuse a Roma. Oltre all’acero sono sensibili al tarlo cinese l’ippocastano, l’ontano, la betulla, il carpino, il nocciolo, il cotonastro, il biancospino, il faggio, il fico, il melo, il pero, il rododendro, la rosa, il salice, l’olmo, gli agrumi in generale ma soprattutto il pioppo, il platano e la quercia, dei quali ultimi sono piene le strade della città. «Per via della lotta al cancro colorato rassicurano dal Servizio giardini comunale i platani sono tenuti sotto costante monitoraggio e l’ammalamento di una singola pianta non passerebbe inosservato. Certo, per le altre specie, la lotta non sarà facile». Tra le difficoltà c’è poi la circostanza che «i metodi di controllo alternativi chimici e biologici che attualmente stanno sperimentando diversi Paesi, tra cui l’Italia, non hanno dato risultati soddisfacenti» si rammaricano al Servizio Fitosanitario regionale.
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