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Dalla Città Parco al Centro Direzionale

Il Quartiere

Dalla Città Parco al Centro Direzionale
una storia quasi sconosciuta



EUR 50-90

Tornare ancora una volta a scrivere di vicende ampiamente trattate sul piano storico, estetico e politico, può sembrare inutile ma nessuno finora ha fatto rilevare il vero risultato ideologico, originale e coraggioso, che ha rappresentato la realizzazione del Centro Direzionale dell’Eur. Infatti non solo un Ente dello Stato ha dato vita ad una efficiente struttura urbana, grande come il centro di Firenze, ma ha messo in atto un’azione sul territorio che, pur da tempo auspicata da urbanisti come Benevolo e Cederna, non era stata mai applicata nel nostro paese. L’applicazione sul territorio di questa novità assoluta è rimasta senza riscontro a causa del più assoluto silenzio delle stampe nazionali e locali, oggi per nostra disgrazia in mano a personaggi che storcono il naso ogni volta che si cerca di introdurre l’argomento: la speculazione sulle aree fabbricabili, argomento che una volta era inviso solo alla stampa di destra.

Il disagio iniziale provato dai membri del gruppo di lavoro dell’Ente EUR, di cui con orgoglio ho fatto parte, nell’immergersi ed operare all’interno di un ambiente architettonico che, nell’immediato dopoguerra era stato ripudiato dai salotti che contavano, è stato presto superato. Il gruppo progettuale, dopo qualche anno di attività in quell’atmosfera di riscossa postbellica e nonostante la tenace persistenza con cui, alcuni intellettuali anche cattedratici, continuavano a considerare il prodotto EUR un tumore fascista da estirpare, intuì e si convinse che nell’impresa esistesse fin dall’inizio il germe utile ad uno sviluppo ordinato della città. L’operazione dell’esproprio generalizzato, 436 ettari di agro romano per realizzare l’E 42, con la quale lo Stato per la prima volta in Italia toglieva ai proprietari terrieri la possibilità di sfruttare solo a loro favore l’incremento di valore delle aree fabbricabili, avrebbe potuto dare un esempio sul come evitare l’uso scellerato che si è fatto del territorio delle nostre città dagli ani 50 in poi. Poteva essere pubblicizzata come “Operazione di igiene urbanistica” ed invece è stata osteggiata non solo dalla Società Immobiliare e dagli speculatori del tempo ma anche da rappresentanti di una certa sinistra che avrebbero dovuto invece difenderla la città dagli speculatori. Un’occasione perduta. Lo Stato per la prima volta in Italia aveva dimostrato di possedere il mezzo per usare l’incremento di valore delle aree fabbricabili a beneficio della comunità. Evidentemente si è ceduto spesso e si cede ancor oggi, per ragioni ideologiche, alla passione ed invece di dare spazio alla razionalità, ha prevalso l’odio verso un prodotto bollato come fascista. Ancora oggi?

La storia poco conosciuta cominciò all’inizio degli anni 50. Si dice che l’allora presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, attraversando in auto il territorio dell’EUR con a fianco il giovane Giulio Andreotti, scorse alcuni uomini che stivavano in un autocarro i marmi, alcuni scolpiti, giacenti accanto ad uno degli edifici pubblici non completati ed in stato di abbandono. Informato dal suo autista che l’EUR era considerato dai rampanti costruttori di allora una cava di marmi, ordinò al giovane sottosegretario di provvedere. L’efficienza di Andreotti si dimostrò quando poco dopo fu nominato Commissario straordinario dell’Ente EUR Virgilio Testa. Anche se l’aggettivo “straordinario” lo infastidiva non poco, si dimostrò nei lunghi anni di dirigenza veramente straordinario. Infatti in poco più di quindici anni trasformò un ammasso di ruderi (vedi foto aerea n.1) in un Centro Direzionale che oggi ospita 50.000 impiegati e 15.000 abitanti senza che nessuna amministrazione pubblica tirasse fuori una lira (vedi foto n. 2). Può sembrare un miracolo ma non lo è. Sono state invece applicate solo procedure di saggia amministrazione del territorio.

Siamo da tempo abituati a sopportare che lo sviluppo delle nostre città sia affidato unicamente all’iniziativa privata. Questa, senza dubbio più veloce dello Stato nel realizzare costruzioni, ha però solo l’obbiettivo di ricavare più denaro possibile dall’operazione. L’iniziativa privata ci riesce ancora oggi in modo notevole e lo dimostra il rapido arricchimento di alcuni palazzinari che, anche se alleggerito prima dall’obbligo di cessione delle aree e della costruzione dei sevizi primari e secondari (art, 28 della legge 1150 del 17/8/42), pesa tutt’ora sulle spalle della comunità cittadina. Basta dare un’occhiata al bollettino mensile dei costi delle case ed alle fortunate scalate in borsa intraprese dai suddetti imprenditori.

L’Ente EUR, organo dello Stato, dipendente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e controllato dal Ministero del Tesoro, essendo divenuto grazie all’esproprio proprietario del territorio, ha mostrato come si può evitare il monopolio delle costruzioni e contemporaneamente calmierare il mercato. L’Ente lo ha fatto, dal 1955 fino al 1990, in concorrenza con le società immobiliari lottizzando e vendendo i terreni come un privato speculatore, con la differenza che tutto il denaro ricavato, invece di finire nelle tasche dei palazzinari, è servito non solo alla realizzazione di tutti i servizi del quartiere ma anche alla costruzione di importanti edifici pubblici, consegnati poi allo Stato, per un valore, stimato nel 1990 circa 3000 miliardi di lire (1miliardo e 550milioni circa di euro).

Allora! Poveri costruttori quanto denaro hanno perso! Non è esatto. In realtà tutti hanno fatto buoni affari. Cooperative edilizie, costruttori, investitori e tutti i quindicimila cittadini che abitano oggi hanno partecipato al profitto. Vediamo i numeri, usando un esempio il più modesto possibile. Ci risulta che un numero cospicuo di famiglie, negli anni 50-60, acquistati alloggi a cifre inferiori ai dieci milioni di allora, li hanno rivenduti nel 90 a quasi un miliardo di lire. Togliendo la svalutazione della moneta, si tratta di incrementi di quasi cinque volte il valore iniziale e questa è la conseguenza dell’alto livello dei servizi presenti nel quartiere. Livelli prodotti dal denaro proveniente dall’incremento del valore delle aree fabbricabili, denaro che è finito nelle casse dell’EUR e non per acquistare ville a Montecarlo. Spero di essere stato chiaro sull’importanza del fenomeno rimasto sconosciuto ed in seguito cercherò di dimostrare quanto ci costa la disattenzione verso queste esperienze di civiltà.



n. 2

Dal 1953 Virgilio Testa con la tenacia di un antico etrusco riuscì senza aiuti governativi a portare avanti la sua idea. Realizzare una Città Parco sulle aree a sud di Roma destinate da Mussolini all’Espo 42. Cominciò con la Mostra dell’Agricoltura e migliaia di cittadini presero coscienza delle nuove proposte. La zona dell’Eur era considerata fino ad allora estrema periferia e deposito di ruderi (vedi fig.1) e si sorpresero i cittadini nel vedere, dopo un solo anno di cura, un palazzo dei Congressi quasi ultimato e già funzionante, le strade importanti già asfaltate, la Metro B che correva veloce sui binari, il verde che dilagava sui 150 ettari destinati a parchi e soprattutto si sorpresero dell’offerta di terreni fabbricabili inferiore del 20% a quella esibita alla Balduina, a Vigna Clara, sulla Cassia, sulla Flaminia ecc. dalle società immobiliari di allora. Migliori servizi e prezzi più vantaggiosi era il mezzo per vincere la concorrenza.

Ma per ottenere un’igiene urbanistica benefica per la comunità non bastava, è stato necessario imporre agli acquirenti dei lotti alcuni vincoli enunciati già nelle lezioni di Virgilio Testa, professore ordinario di Diritto Urbanistico alla Sapienza.

Una delle piaghe che deturpano da sempre la città è l’abusivismo edilizio. Leggi severe, geometri addetti alle demolizioni simili a mastini forniti di enormi mascelle meccaniche, sindaci preoccupati e declamanti ordine, non sono riusciti a fermare questa calamità. Virgilio Testa con una semplice clausola, allegata ai contratti di vendita dei lotti fabbricabili, ha colpito il drago al cuore. Ogni acquirente si è impegnato, nel contratto di acquisto del terreno con i confinanti e per sempre, a non modificare il fabbricato realizzato secondo le prescrizioni contrattuali. Questa clausola ha creato una catena di servitù che per essere superata è necessario il consenso di tutti gli abitanti del quartiere che diventano automaticamente i guardiani incorruttibili degli abusi edilizi. Ma questo è stato possibile perché la proprietà del territorio era dell’Ente lottizzatore. Un’altro vincolo contrattuale riguardava l’impianto del giardino circostante l’edificio obbligandone la perenne manutenzione da parte del proprietario. Questo in linea con la decisione di destinare a parco pubblico un terzo dell’area del territorio del Centro Direzionale e di creare, sempre con quel denaro tolto alla speculazione, un lago di accumulo ed una rete di innaffiamento senza la quale chi vive a Roma sa che fine fa il verde durante la nostra calda estate. Quindi per ottenere prezzi decenti per l’acquisto della casa, il rispetto dei piani di fabbricazione, l’abolizione dell’abusivismo, la conservazione del verde privato ed una percentuale di verde pubblico mai riscontrata nei Piani Regolatori della nostra città, è necessario che prima dell’inizio della urbanizzazione la proprietà del territorio sia in mano pubblica? E poi, mentre si creano i servizi, il territorio può essere venduto a lotti, dove l’iniziativa privata svolge l’opera finale, quella del costruttore? No, c’è una via di mezzo e forse, percorrendola, sparirà la figura dello speculatore che, senza nulla rischiare, accumula profitti e non sarà poi tanto male, visto che questi profitti ricadono in modo eccessivo sul costo di un bene primario, l’abitazione. Se qualcuno si chiederà perché dopo tanti anni di speculazione selvaggia i proprietari dei terreni intorno alle città debbano essere sacrificati, avrei una risposta che contenta tutti. Cercheremo di proporla in un prossimo articolo se ci consentiranno di pubblicarlo.


n. 3

Prima di rispettare la promessa di darvi una modesta soluzione ai problemi dell’abitazione, inquadrati nel precedente articolo, vi ricorderò brevemente quali erano. I proprietari dei terreni intorno alle città si aspettano un aumento di valore dei loro beni quando un Piano Regolatore li include nello sviluppo edilizio della città stessa. La gestione del territorio messa in atto dall’Ente Eur ha dimostrato come la mano pubblica può intervenire efficacemente usando però la mannaia dell’esproprio, poco gradita ed oggi inattuabile per la mancanza di adeguate risorse economiche da parte dei Comuni. Allora per ottenere, durante i processi di uso del territorio, l’indifferenza dei proprietari verso le scelte di pianificazione e quindi l’assoluta indipendenza di decisione delle amministrazioni pubbliche, sono necessarie nuove procedure.

Senza imporre l’esproprio, creare durante la stesura dei Piani Regolatori grandi Comprensori di territorio dove le cubature previste saranno poi vendute dal Comune. Vendute sia all’ente pubblico che al privato in proporzione della quota di territorio posseduto dal titolare prima dell’approvazione del Piano stesso, indipendentemente dalla destinazione che il terreno ha acquisito. In questo modo si annulla il desiderio di avere cubatura sul proprio orticello. Il denaro ricavato poi consentirebbe alle Amministrazioni comunali di realizzare i servizi senza gravare sui propri bilanci e soprattutto a realizzare una pianificazione razionale del territorio. Nel caso in cui il proprietario, sia esso lo Stato od un privato, non voglia realizzare le cubature, i terreni interessati potranno essere messi all’asta ed acquistati pagando il prezzo di mercato. Questo denaro, detratto il costo dei servizi che resterà al Comune, andrebbe a beneficio del proprietario, invece del poco denaro previsto dalle leggi sull’esproprio. Per chiarire quello che può sembrare complicato: il Comune valuti al prezzo di mercato il terreno a Piano approvato e prometta di consegnare un equivalente valore in cubatura costruibile a servizi completati in quell’area.

Concludiamo con l’unica problematica che l’Ente EUR, nonostante la buona volontà del gruppo di lavoro, non è riuscito a contenere in limiti accettabili. Il traffico. Tutti possono vedere dalle foto aeree (vedi fig.1) che, oltre alle fondazioni di alcuni importanti edifici, lo schema stradale del quartiere era nel 1950 già tutto tracciato. Quindi, scartata dal Governo di allora la proposta di Mario Ridolfi di bombardare il tutto, si è dovuto rispettare la rete viaria, vincolando così molto la volontà innovativa del gruppo progettuale. Da questo gruppo infatti, per ovviare al ruolo di penetrazione nella città da sud imposto dal progetto Piacentini nel 1936, era stato ipotizzato l’interramento in galleria della C. Colombo nel tratto centrale del quartiere. Infatti il Piano particolareggiato 1bis del 1972 redatto in accordo con l’Ufficio Speciale del Piano Regolatore diretto da Piero Samperi, prevedeva anche questo, oltre a diversi parcheggi interrati che, pur necessari, fino ad oggi sono rimasti insieme al sottovia sulla carta, nonostante ripetute sollecitazioni dei progettisti dell’Ente Eur. Così come è rimasta inascoltata la contestazione sulla trasformazione dei parcheggi interni ai ministeri in archivi, mense ed altro, con la conseguenza oggi sotto gli occhi di tutti dell’impossibilità di parcheggiare lungo le strade limitrofe.

Guardando le migliaia di auto che sfrecciano di giorno e di notte lungo la grande arteria cittadina penso con inquietudine al momento in cui entrerà in funzione il progettato Centro Congressi Italia che, benvenuto per il prestigio del Centro Direzionale, diventerà una iattura se non verranno prima previsti i necessari servizi che consentano una serena accoglienza di diecimila congressisti e quattromila addetti. Mentre sono già iniziati i lavori di installazione del cantiere della “Nuvola” non ci risultano previsti nel bilancio Comunale gli stanziamenti per i servizi ritenuti indispensabili.

E’ il caso allora di ricordare agli amministratori del Comune e dell’EUR Spa le promesse:

1) Ponte sul Tevere

2) Allacciamenti Metro con Fiumicino

3) Parcheggi interrati

4) Sottovia della Colombo tra il lago e piazzale dell’Industria.

Se non verranno realizzate almeno queste opere, prima dell’entrata in funzione del Centro Congressi, sarà inutile averlo costruito.



Giorgio Biuso


Settembre 2007



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